Chiesa Ss. Giovanni Battista e Antonio Abate (Parrocchiale)

FONTE VESPOLATE ON-LINE

La Chiesa Parrocchiale dei Santi Giovanni Battista e Antonio Abate si trova presso la piazza del paese, al crocevia delle quattro arterie stradali che attraversano l’abitato.

All’inizio del XVI secolo in questo luogo sorgeva un antico oratorio dedicato a Sant’Antonio, eretto con ogni probabilità tra la seconda metà del XIV secolo e il corso del XV secolo[1]; alle sue spalle, sul lato orientale, si trovava un cimitero. Nel 1535 la compagnia del Corpus Domini, proprietaria dell’oratorio, stipulò una convenzione con i Consoli di Vespolate ed il parroco per far restaurare ed ampliare l’edificio con l’obiettivo di trasferirvi il titolo di parrocchiale. Fino ad allora, infatti, tale titolo spettava ancora all’antica chiesa pievana di San Giovanni che sorgeva fuori dall’abitato; negli ultimi anni il paese era evidentemente cresciuto molto intorno al castello e pertanto si ritenne che fosse necessario offrire al popolo un luogo di culto più appropriato e comodo. È molto probabile che già dal XV secolo le funzione religiose avessero iniziato a svolgersi in questo oratorio.

Nel 1543 la nuova chiesa venne eretta a parrocchiale ma si dovette attendere il 25 giugno 1590 per la sua consacrazione ufficiale effettuata dal Vescovo Speciano. In quest’occasione il vescovo ne mutò anche il nome da “chiesa pievana” in “arcipretura”, dedicandola a San Giovanni Battista e Sant’Antonio Abate.

Nel 1772, sotto il pievano Miotti, fu ampliata con l’aggiunta di un nuovo presbiterio e coro, occupando parte dell’area dell’antico cimitero; nel 1827 fu realizzata l’attuale facciata neoclassica, progettata dall’architetto novarese Luigi Orelli. Importati restauri si realizzarono negli anni 1863-64 con la collaborazione di Alessandro Antonelli, dopo che fu scartata la sua proposta di edificare una nuova chiesa come a Borgolavezzaro; nello stesso periodo fu affrescata dal pittore Pietro Ramella. Tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento Monsignor Fortina realizzò la pavimentazione a mattonelle di cemento colorate; fece inoltre abbattere la seconda sagrestia a lato del presbiterio per creare uno spazio di preghiera riservato ai soli uomini, insieme ad un corridoio di accesso verso il giardino parrocchiale.

Nel 1926 la chiesa fu ridipinta dal pittore cannobiese Mario Albertella, autore anche del grande affresco della tazza, e venne dotata di nuove vetrate colorate raffiguranti emblemi e figure di santi. Altri interventi si realizzarono degli anni 1932-33 con l’applicazione di uno zoccolo marmoreo alle pareti per preservare i muri dall’umidità; venne inoltre eretta la nuova fonte battesimale in fondo alla chiesa e l’altare di Sant’Antonio da Padova sul lato opposto. Sempre negli anni ’30, sotto Don Carpani, fu realizzato l’impianto elettrico, un nuovo banco in noce del presbiterio, un nuovo tabernacolo d’oro, il pulpito in noce scolpito dal prof. Fornara e numerose altre opere; nel 1946, inoltre, fece staccare dall’altare maggiore il tronetto marmoreo praticando due scalette per salirvi.
Un recente intervento di tinteggiatura fu fatto compiere negli anni ‘80 dal pievano Biffi. Nel giugno 2012 si è conclusa un’opera di restauro del campanile durata un anno. I colori utilizzati per la tinteggiatura, in base ad uno studio eseguito, dovrebbero essere uguali a quelli originari.

Struttura dell’edificio

La chiesa è a tre navate con cappelle laterali. La facciata, rivolta ad oriente, è dotata di una porta principale di accesso e due laterali; è ornata da lesene con capitelli ionici e dalle statue di S. Antonio Abate e S. Giovanni Battista poste in due nicchie al di sotto del timpano. Di fronte si trova un piccolo sagrato che confina direttamente con la strada provinciale. Altri due accessi si trovano sul lato meridionale e su quello settentrionale, nei pressi della casa parrocchiale.
All’angolo sud-est si eleva un alto e tozzo campanile, contemporaneo alla chiesa; sotto il tetto in coppi si aprono ampie celle dove un castello in ghisa e ferro sorregge cinque campane in tonalità di FA maggiore, risalenti al 1809[2].
Ad est si eleva la massiccia mole dell’abside semicircolare settecentesca, in mattone a vista, che confina con un cortile di case private.

Opere artistiche

La più antica opera conservata nella chiesa è un dipinto appeso sul secondo pilastro sinistro della navata, raffigurante Santa Liberata che sorregge due bambini in fasce. Si tratta in realtà di un affresco strappato che si trovava originariamente su una parete dell’antico oratorio di Sant’Antonio, del quale rappresenta l’unica testimonianza conservatasi, e risale probabilmente alla prima metà del Cinquecento.

Di poco posteriore è il grande dipinto ad olio della pala d’altare firmato dal milanese Gabriele Bossi, discepolo della scuola del Luini, datato 1572. Il quadro raffigura la Vergine col bambino seduta in trono tra i due santi patroni rivelando i nuovi modelli figurativi del Cinquecento in cui i personaggi non appaiono più appiattiti sullo sfondo ma presentano un notevole volume. Le figure, inoltre, sono disposte ai lati della Madonna con semplicità ed anche lo spazio oltre le stesse è appena accennato.
La maggior parte degli elementi e degli arredi della chiesa risalgono ai secoli XVII e XVIII, tra cui spiccano gli altari collocati nella zona del presbiterio, uniti fra loro da una gradinata in marmo, chiusa da una balaustra a colonnine che segue la forma dei gradini. Al centro si trova l’altare maggiore le cui slanciate fogge settecentesche si concludono nel tempietto sorretto da colonne in marmo rosa e decorato dalle figure dei putti e del Salvatore.

L’altare di destra è dedicato alla Madonna del Rosario mentre quello di sinistra al Santissimo Salvatore, in origine intitolato ai santi Cosma e Damiano. In quest’ultimo, sotto una copertura a cupola, si trova un’ancona riccamente decorata con spirali e foglie d’acanto, sorretta da una struttura in marmo. All’interno della nicchia chiusa da una vetrata, dove oggi è collocata la statua del Sacro Cuore, si trovava in precedenza una grande croce con il Cristo Crocifisso documentata tra gli arredi della chiesa già nel 1618.
Risalgono al Settecento anche gli stalli in legno del coro e il dipinto di un ignoto pittore novarese rappresentante Santa Eurosia, datato 1753.