Imparare ad accettare i no.

Pubblicato giorno 21 novembre 2023 - Formazione, In home page

Il giorno dopo in cui in tutte le scuole d’Italia hanno rispettato un minuto di silenzio per ricordare la morte di Giulia per mano del presunto ex fidanzatino Filippo, pongo una breve riflessione tra le tante che ho letto e sentito.

Ben vengano le sollecitazioni ministeriali per riadattare e promuovere nell’ambito scolastico tutte quelle attenzioni educative che hanno a cuore il rispetto dell’altro, con l’inserimento di ore di educazione affettiva, che porta al rispetto delle persone, al di là delle scelte di genere o dei propri limiti. Ma qui c’è di più. Ciò che maggiormente accomuna le vittime di femminicidio è la volontà di sottrarsi, di staccarsi da una relazione non più desiderata.

L’incapacità dell’uomo di accettare un no, che pare una sconfitta, e di una perdita di un rapporto senza il quale non ci si riconosce più. L’incapacità quindi di gestire una relazione che si conclude. Accettare i no dell’altro/a. E’ qualcosa che ci porta lontano nel tempo  nel considerare i primi no ricevuti nella prima infanzia e lungo tutto il percorso della vita.  Sono questi no, non accettati, che pongono fine ad ad un rapporto, divenuto insostenibile, che fanno paura, che inquietano e che scatenano reazioni, non solo immediate frutto di irascibilità, ma spesso premeditate.

Tutto questo rientra nel fatto educativo di cui si capisce bene la dimensione, ove la famiglia ha perso un suo ruolo e la sua caratteristica prioritaria. Ciò che abbiamo da sempre apprezzato, come era il mezzo televisivo che storicamente ha avuto un ruolo positivo nel rafforzare il senso dell’unità nazionale, con un linguaggio comune a tutta la popolazione, al di là delle distanze territoriali e culturali di ciascun territorio, ha perso la sua influenza.

Tutto ciò è veramente finito? Il dubbio ci viene da quando i diversi linguaggi di cui i tanti Social network sono portatori sono diventati espressione variopinta del pensiero di ciascuno, e mondi diversificati di comunicazione, dove chi non è iniziato, di fatto ne è escluso. Sempre più grande è la difficoltà di comunicare, di ascoltarsi e intendere, dove i genitori non comprendono più i figli, e tantomeno i figli verso i genitori. Amplificando a dismisura le modalità comunicative si sono forse impoverite le relazioni tra persone? Si sono persi forse gli interessi comuni tra giovani e adulti?

La mancanza di un vocabolario accessibile, non certo di istruzione sempre più ricca e  particolareggiata,  rende spesso inefficace il dialogo. Quanto inquieta non sta nel rapporto difficile tra la varie generazioni, cosa sempre avvenuta, ma soprattutto il rifugiarsi nel piccolo mondo, che ciascuno si crea, dove anche gli amici più intimi sono esclusi.

E se questa è una logica culturale del nostro tempo, in cui anche il rapporto con Dio pare essersi tradotto in un privato intimistico, lo spazio vivo dei rapporti comunitari ha subìto il suo contraccolpo, all’insegna di un perbenismo di facciata, dove il nuovo culto del successo e della propria immagine condizionano tutte le scelte.

don Gianfranco