DON SALVATORE GENTILE nelle parrocchie di Garbagna e Nibbiola.
Pubblicato giorno 16 settembre 2024 - Vicariato
Il discorso dei Sindaci e del Presidente della Provincia di Novara al momento dell’accoglienza davanti al Municipio di Garbagna.
Piazzale del Municpio di Garbagna. L’ala di folla presente
Accolto calorosamente a Garbagna, don Salvatore è entrato nelle sue nuove parrocchie in un pomeriggio di sole, e dopo i saluti dei sindaci e del Presidente della provincia di Novara, Federico Binatti, memore dei tre ingressi precedenti segnati dalla pioggia il nuovo parroco scherzosamente ha detto: “che sia quindi un buon segno…”
Poi il corteo preceduto dai labari e stendardi delle associazioni e dei Comuni fino alla parrocchiale, alla presenza dei sacerdoti dell’Unità pastorale ‘Bassa novarese’ e molta gente della Val Sermenza con i suoi nuovi parrocchiani.
Il vicario episcopale dell’Ovest Ticino, don Massimo Martinoli, ha introdotto il rito eucaristico lasciando poi la presidenza a don Salvatore.
Nell’omelia il nuovo parroco ha commentato il vangelo della domenica, cui è seguito uno spontaneo applauso dalla chiesa gremita all’inverosimile… Ha introdotto l’omelia ricordano che il lavoro più grande è portare pace, aggiungendo poi la sua esperienza personale sulla missione del prete e del parroco.
Anzitutto la sua presenza nelle nuove comunità nasce da una chiamata del Signore. “Chiamati perché amati”. Amati perché mandati, lasciando intendere che il Signore chiama alcuni perché ama il suo popolo. Ha declinato poi questa realtà con tre espressioni commentandole: chiamati da qualcuno, mandati a qualcuno e infine mandati con qualcuno.
“Il posto non l’ho scelto io, perché in genere chi sceglie un posto ha un interesse per quel posto. E qui noi oggi vediamo qui come è la chiesa, citando papa Francesco, vedendo insieme sacerdoti e fedeli. Una Comunità cristiana forma la chiesa, sapendo che essa ha bisogno di nutrirsi del pane eucaristico. Ci chiama e ci manda. Ci manda non da soli. Mandati con qualcuno ed è la cosa più bella che io vedo qui. Non tanto perché io faccia: metterò a posto la chiesa, realizzerò questo o quest’altro; non è così. Parlo della mia esperienza, dopo i miei venticinque anni di sacerdozio. La missione non si fa da soli, il missionario è sempre con qualcuno non è un supereroe. È lo spirito il protagonista della missione, per questo mi permette di fare sonni tranquilli”.
Infine sui discepoli inviati a due a due, ha detto che ciò si coglie oggi nell’espressione familiare, di marito e moglie, anch’ess amati perché svolgano la loro missione: mandati a tutti quelli che si incontrano. Così la chiesa o è missionaria o è una Ong, sempre riprendendo le parole di Papa Francesco. “Per questo motivo il vangelo odierno ci offre con una duplice prospettiva una tentazione e nello stesso tempo la missione. Gesù ci invita a vigilare sul nostro cuore e a non dividere le persone. Il Diavolo crea sempre sospetti per dividere le persone. Per superare questo bisogna essere umili: Gesù non è venuto per giudicare ed escludere ma per superare la tentazione di separare buoni e cattivi. Lo Spirito Santo vuole apertura e non chiusure. Invece di giudicare tutti, stiamo attenti a noi stessi, ci ricorda il Papa. Ci chiediamo allora che cosa Gesù vuole da me? E ecco l’invito finale: ad essere accoglienti verso gli altri e vigilanti verso noi stessi”.
Dopo la Messa nel campo sportivo perché la festa continuasse, i suoi nuovi parrocchiani hanno allestito gustosi piatti sotto i due ampi tendoni.
La festa finale con i gustosi piatti
BREVE INERVISTA PRIMA DELL’INGRESSO A GARBAGNA
Don Salvatore ha così lasciato le parrocchie di Boccioleto, Rossa e Rimasco in Valsesia per questo nuovo incarico, che il Vescovo gli ha conferito. Prima ancora aveva guidato le parrocchie di Maggiora e Cureggio per cinque anni e precedentemente quella di Pogno sul lago d’Orta. Ordinato sacerdote nel 1999 ha trascorso il primo anno a Roma per il Giubileo, successivamente due anni a Gravellona Toce e quattro al santuario di Re, tempo necessario per laurearsi in filosofia teoretica alla Cattolica di Milano.
Gli avevamo chiesto:
- Tu provieni da più parrocchie unite dalla presenza dello stesso parroco in Val Sermenza nell’alta Val Sesia. Che cosa ci racconti della tua esperienza.
Qui ho visto il finire di una civiltà, le Comunità si stanno assottigliando. Ho potuto mettere in atto la questione della sinodalità, a partire dalla celebrazione delle Messe con poche persone e alla riscoperta della presenza di più Comunità che si uniscono insieme per la celebrazione dell’eucarestia. Nelle otto parrocchie precedenti, disperse nella Valle e ora riunite in tre, abbiamo cominciato a celebrare un unico triduo pasquale per tutte. E’ diventato evidente la necessità di dare un senso espressivo di Comunità a questa scelta e non solo per la mancanza di clero.
Un altro aspetto legato alla presenza del Vescovo durante il periodo delle ferie estive, è stata la possibilità di incontrarlo di persona e vedere altre modalità con cui il Vescovo si muove, al di là del suo essere il Pastore di una grande Comunità diocesana.
Un’altra realtà che ho potuto sperimentare è stata il venir meno di una frenesia di iniziative, che altrove avevo provato. Ho scoperto una dimensione di vita del prete in mezzo alla gente. Ci sei e sei tra di loro, per l’esiguità dei numeri e delle distanze. Un valore è il non far combaciare la propria vocazione identificandola alle iniziative che si fanno. Ti porto un esempio: qui avevo dieci bambini dalla prima alla quinta elementare, ma su uno spazio di territorio in cui il primo paese si trova a 15 chilometri dall’ultimo più in alto, Carcoforo. Quindici chilometri che nei mesi invernali si traducono in 40 minuti di auto, puoi capire.
- Il passaggio dall’alta montagna alla Bassa Novarese allora sarà un salto non indifferente, sia per l’ambiente e soprattutto per la gente, le tradizioni popolari, il mondo del lavoro… Come pensi di muoverti nelle nuove parrocchie?
La prima cosa è che devo reimparare dalle persone che incontrerò; per questo vengo “aperto e curioso”.
Poi mi aspetto nel contesto diverso che le persone mi accolgano per quello che sono, con la mia esperienza e che si presentino per quello che sono loro.
Non ho tante altre indicazioni, se non di essere sempre guidato dallo spirito del Vangelo che ho imparato e nel quale continuamente mi devo confrontare.
Non ci rimane che augurarti buon lavoro nelle tue nuove Comunità, augurandoti la gioia di raccogliere i frutti che lo Spirito Santo vorrà produrre.

